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Ilarie Voronca

  • Writer: Raoul Precht
    Raoul Precht
  • Jul 16
  • 3 min read

Ilarie Voronca
Il poeta Ilarie Voronca.

Esce in questi giorni, come si suol dire nelle migliori librerie, il romanzo Confessione di un’anima falsa di Ilarie Voronca, edito nella collana di narrativa di Bordeaux Edizioni. Tradotto da Paolo Bellomo e Luca Bondioli, il romanzo si avvale di una mia postfazione, a cui ho aggiunto la traduzione dal francese di quattro poesie dello stesso Voronca, che potete trovare anche qui.


Per un discorso articolato sull’impatto e sulla rilevanza di Voronca negli anni Trenta e Quaranta rimando naturalmente al mio saggio; qui vorrei solo sottolineare quanto sia raro imbattersi in uno scrittore e poeta che riesce a svariare in due lingue e ad alternarle, padroneggiando entrambe con estrema perizia e con una conoscenza puntigliosa delle rispettive tradizioni culturali.


Voronca nasce in Romania, dove vive per tutta la prima parte della propria vita, fino alla sofferta decisione di lasciare un paese ormai occupato dalla Guardia di Ferro e incline a rigurgiti antisemiti, e di trasferirsi nella Mecca culturale dell’epoca, Parigi. Questo mutamento d’orizzonti, avvenuto nel febbraio del 1933, presupporrà alcuni cambiamenti radicali: intanto sotto il profilo linguistico, appunto, poiché da questo momento Voronca comincerà a scrivere in francese, traducendo in questa lingua anche opere precedenti, già pubblicate in rumeno; poi, dal punto di vista culturale, in quanto Voronca si sottoporrà a un’intensa cura di acquisizione accelerata del portato culturale francese, studiandone e assimilandone i capisaldi per poterli utilizzare quale punto di partenza della propria (nuova) poetica; infine, per tutti gli incontri che farà e che si aggiungeranno all’intensa frequentazione degli ambienti culturali bucarestini. A Parigi, Voronca conosce infatti tutti ed è amico di tutti gli espatriati rumeni (e non solo), da Benjamin Fondane a Constantin Brancuşi, da Eugène Ionesco a Tristan Tzara, da George Enescu a Emil Cioran.


Senza rinnegare del tutto il proprio passato di poeta d’avanguardia, con il trasferimento a Parigi Voronca si integra subito in una nuova e più palpitante società letteraria, alla quale contribuirà con testi di narrativa e poesia di notevole profondità e spessore. Alieno tanto alla poesia rivoluzionaria e declamatoria quanto a quella puramente intima e metaforica, Voronca trova in un certo senso una terza strada, del tutto personale, che pur con risultati alterni gli permette di indagare e approfondire una sorta di umanesimo integrale. Il mondo è per lui bello e incantato; ed è di questo incanto che il poeta deve testimoniare, senza incertezze ed esitazioni, con quello che è stato definito un fervore pressoché panteista, e con toni talora messianici e mistici.



Ritratto di Ilarie Voronca
Ritratto del poeta dipinto da Victor Brauner.

Negli undici volumi, fra prosa e poesia, che pubblica in Francia fra il 1933 e la sua morte per suicidio nel 1946 e che si aggiungono allo stesso numero di opere uscite in Romania, Voronca non ci risparmia un’attenta analisi delle sofferenze umane, delle quali da esule e rifugiato è testimone, o delle zone d’ombra (l’angoscia, la solitudine, la paura) a cui nessuno sfugge. Al contempo, tuttavia, propugna con forza l’idea del riscatto, basato su una comunione d’intenti fra tutti gli uomini.


L’uomo vi è visto non come singolo individuo, ma come un essere che ha un bisogno assoluto e spasmodico di relazioni umane, e dunque come parte di una comunità. Al mondo non c’è spazio per monadi isolate; anche l’inevitabile solitudine dell’essere si sviluppa in seno a una molteplicità di rapporti, nel frastuono della moltitudine. Sono versi, i suoi, in cui la coesistenza di un individuo con l’altro, a fianco dell’altro, è più importante dell’esistenza stessa. E sono versi dettati da un notevole entusiasmo, un vero e proprio entusiasmo della volontà, che con il passare degli anni dovrà però scontrarsi con la realtà e con l’offuscamento prodotto da una sempre vigile ragione. Pur nell’apparente ingenuità del dettato poetico, del resto intenzionale e programmatica, Voronca non misconosce e non sottovaluta affatto i segnali di decadenza e di resa della civiltà che gli arrivano da più parti e che lo costringeranno ad attraversare anche momenti di sgomento e depressione.


Un poeta e scrittore da rileggere e rivalutare, insomma, che spero possa trovare un minimo d’attenzione anche presso il lettore italiano.

 
 
 

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