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Vicky Krieps: l'attrice europea per eccellenza nel film su Ingeborg Bachmann

  • Writer: Raoul Precht
    Raoul Precht
  • Nov 13, 2023
  • 3 min read

Updated: Nov 24, 2024

Ormai Vicky Krieps, attrice in origine lussemburghese ma in realtà pienamente europea (ed è forse anzi l’unica attrice veramente europea) è diventata l'interprete da seguire assolutamente, un vero mostro di bravura. Dopo il film sul giovane Karl Marx e altre pellicole di tutto rispetto come Il filo nascosto, Il corsetto dell’imperatrice e Sull’isola di Bergman, lo dimostra con tutta evidenza anche in questo film di Margarethe Von Trotta, Ingeborg Bachmann - Reise in die Wüste (in inglese: Ingeborg Bachmann - Journey Into the Desert), in cui interpreta con notevoli capacità e un’enorme varietà di espressioni una personalità difficile come quella di Ingeborg Bachmann, esprimendosi, sia detto en passant, in quattro lingue parlate tutte benissimo. E se il film ha qualche difetto, beh, lei non ne ha neanche uno!


Vicky Krieps
Vicky Krieps nel 2019 © Superbass / CC-BY-SA-4.0

E visto che stiamo parlando di Ingeborg Bachmann, poetessa incommensurabile, ne approfitto per riportare qui un brano secondo me molto significativo tratto dalle lezioni di Francoforte, uscite poi da noi con il titolo Letteratura come utopia. Dopo aver rilevato come purtroppo non vi sia campo come la poesia dove alligni quella che chiama la “gramigna del dilettantismo” – per citare le sue stesse parole: “...in nessun luogo la gramigna del dilettantismo è così rigogliosa come nel campo della poesia lirica e in nessun luogo è più difficile stabilire, per la maggior parte dei lettori, se questo o quell’autore valga veramente ‘qualcosa’ oppure no” –, ecco che a proposito della qualità nella scrittura poetica, la stessa Bachmann aggiunge: “…non sono certo i talenti quelli che fanno difetto al giorno d’oggi, ed esistono cose casualmente azzeccate, curiose, marginali eccezioni che possono anche, personalmente, divenire a noi care.


E poi conclude (ed è questo per me il punto più rilevante): “E tuttavia è solo la direzione, il coerente manifestarsi degli stessi problemi, un unico e irripetibile universo di parole, figure e conflitti ciò che può indurci a riconoscere un poeta come inevitabile. Il poeta quindi esiste realmente proprio in quanto ha una sua direzione, segue una sua traiettoria come l’unica via possibile, disperato perché costretto ad appropriarsi del mondo intero, colpevole per l’arroganza di volerlo definire. E il suo compito gli si rivela nel momento in cui capisce di non avere altra scelta, di non potere sfuggire a se stesso.” (Letteratura come utopia, Adelphi, nell'impeccabile traduzione di Vanda Perretta).


Come dirlo meglio di così?


Il carteggio fra Paul Celan e Ingeborg Bachmann è tra i documenti più straordinari che siano usciti negli ultimi anni. Una storia d’amore struggente, raccontata in presa diretta. Una storia d’amore che, come tutte quelle che si rispettino, è anzitutto la storia dell’impossibilità di un amore.


In una lettera del 31 ottobre 1957 Paul Celan esamina la loro situazione con eccezionale lucidità: “Du weiβt auch: Du warst, als ich Dir begegnete, beides für mich: das Sinnliche und das Geistige. (…) Warten: ich habe auch das erwogen. Aber hieβe das nicht auch darauf warten, dass das Leben uns in irgendeiner Weise entgegenkommt? Uns kommt das Leben nicht entgegen, Ingeborg, darauf warten, das wäre wohl die ungemäβeste Art, da zu sein.” [“Lo sai bene quando ti ho incontrato, per me eri entrambe le cose: il sensuale e lo spirituale. (...) Aspettare: ho pensato anche a questo. Ma questo non significherebbe anche aspettare che la vita ci venga incontro in qualche modo? A noi la vita non viene incontro, Ingeborg, e aspettare sarebbe probabilmente il modo più incongruo per esserci.”]


Le riflessioni sulla poesia e sulla scrittura emergono con naturalezza, perfettamente conchiuse all’interno dell’esperienza di vita dei protagonisti. Un esempio nella lettera di Ingeborg Bachmann del 5 agosto 1959: “Da es sich kaum rückgängig machen läβt, will ich versuchen, der Gefahr, die ich sehe, zu begegnen, indem ich mich nicht über literarische Fragen verbreite, nicht rede ‚über‘, damit dem Geschwätz nicht noch ein Geschwätz zugefügt wird.” [“Dal momento che difficilmente la si può rendere retroattiva, cercherò di contrastare il pericolo che vedo evitando di parlare di questioni letterarie, di parlare 'di', in modo che a pettegolezzo non si aggiunga pettegolezzo.”]


E sempre sulla poesia Celan, quattro anni più tardi, il 21 settembre 1963, dopo la tempestosa relazione della Bachmann con Max Frisch e ad appena sette anni dal suicidio dello stesso Celan nella Senna: “Das Dokument einer Krise, wenn Du willst – aber was wäre Dichtung, wenn sie nicht auch das wäre, und zwar radikal?” [“Il documento di una crisi, se vuoi - ma cosa sarebbe la poesia se non fosse anche questo, e in modo radicale?”]


Niente da aggiungere.



 
 
 

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